Gianfranco Nissola

Due notti magiche a Newport

Storia e leggende di tre grandi del Jazz

G. Nissola: Due notti magiche a Newport (Bu) (0)
Wydanie:
Książka
Numer artykułu:
1012460
Autor / kompozytor:
Język:
włoski
Zakres:
216 strony
Wydawca / Producent:
Numer producenta::
ZEDGZ 0178
ISBN:
9788899778194

Opis

Fra i tanti libri che, nella storia del jazz, cercano improbabili o rischiosissimi accostamenti fra opere, musicisti, dischi, tendenze, ecco finalmente un testo che, intelligentemente, confronta tra cognizione di causa e vigore espositivo, due jazzmen in apparenza estranei fra loro, ovvero lontani, incompatibili, diversissimi non solo per epoche, stili, culture, ma soprattutto per carattere e individualità.

Edward Duke Ellington e Miles Dewey Davis III ‘materialmente’ forse condividono il breve periodo (sei anni scarsi) di contratti con la Columbia CBS (oggi Sony) per entrambi firmati a partire dal 1956, ma durato solo fino al 1962 il primo, addirittura al 1985 il secondo; ma ‘condividono’ qualche collega in un universo culturale dove turnazioni, scambi, ospitate, incontri, a differenza di altri generi musicali, risultano la norma (o la regola, basti pensare alla jam session quale punto d’arrivo, di partenza o di semplice divertissement per ogni improvvisatore).

A livello cronologico le carriere del Duca e del Divino si sovrappongono per circa un trentennio con parallelismi ed equidistanze: quando Davis nasce (1926), Ellington sta godendosi i primissimi entusiastici riscontri di critica e di pubblico. Quando Miles debutta ufficialmente (1945) con Charlie Parker, Duke ha appena terminato un grande ciclo creativo, trovandosi ora a ‘combattere’ in un mondo jazzisticamente rivoluzionato proprio dal bebop parkeriano. Quando il trombettista compie 27 anni (l’età dei primi trionfi ellingtoniani) si trova in uno stallo psicologico (dovuto agli stupefacenti) non certo paragonabile alla crisi del caporchestra, dovuta piuttosto a ispirazione artistica e a importanti defezioni in seno all’organico.

Quando infine Duke muore (1974) ancora creativamente impegnato su alti livelli, Davis inizia ad attraversare un secondo declino che si protrarrà per oltre un lustro. Però, al di là di tutti questi paragoni su altrettanti sfasamenti, Davis ed Ellington condividono l’assoluta singolarità della loro Arte (con la A maiuscola!), grazie a gusti musicali unici, personalissimi, facilmente individuabili, percepibili, fruibili sin dalle prime note.

Sono però entrambi originali a modo proprio (e storicamente complementari): Duke realizza una sorta di classicità del jazz, che sfugge a ogni catalogazione, pur inserita nei contesti dei generi hot, swing, mainstream, che a loro volta vengono trascesi da un sound inequivocabile; Davis invece fonda sempre nuove scuole, quasi a scadenze decennali, che si chiameranno via via cool, modale, rock jazz, fusion, jazzfunk, rap-jazz, dove l’approccio solistico rimane preservato e in fondo simile a se stesso negli oltre quarant’anni di grande musica.

E poi su affinità o divergenze è Gianfranco Nissola a documentare tutto, o quasi, in questo libro bellissimo e utilissimo. Post Scriptum: In corso d’opera, anzi a libro ormai finito, si scopre che fra Davis e Ellington spunta – si fa per dire – un ‘terzo incomodo’: George Wein. In effetti per questo bostoniano, oggi arzillo novantaquattrenne, occorrerebbe ritagliare un posto speciale in tutte le storie del jazz, perché, al di là dell’abilità di pianista, espressa ufficialmente in soli dodici album tra il 1955 e il 1993, sia pur guidando solisti incommensurabili, il figlio di poveri immigrati ebrei che combatte con gli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale e che subito dopo si laurea al Boston University’s College of Liberal Arts copre un ruolo fondamentale nell’ambito dell’organizzazione del jazz.

Sì, perché il jazz non è solo musicisti, concerti, dischi, è anche lavorare dietro le quinte, progettare sempre nuove iniziative, promuovere (come avviene con lui a Newport) una musica che ancora fa paura o ribrezzo a molti. E George Wein, con o senza Duke e Miles è tutto questo e forse anche qualcosa in più, come Gianfranco Nissola illustra egregiamente. Guido Michelone

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